Vi presento Andrea, stavolta non si tratta di un cane, ma di un carissimo amico

24-10-2007 - Vi presento Andrea, stavolta non si tratta di un cane, è un mio carissimo amico, persona tanto strana quanto straordinaria, di fine cultura, e profonda sensibilità, non c’è problema del rifugio che non l’abbia visto partecipare per risolverlo anche se da lontano, oggi mi ha voluto mandare una poesia di un poeta che lo confesso neanche sapevo esistesse, avrei potuto pubblicare solo la poesia, ma per farvi conoscere un poco anche lui ho pensato di darvi anche la sua premessa, eccovela :

Ieri, domenica, nel tardo pomeriggio poltrivo, con un difficile libro in mano che stentavo a finire (l'ho finito dopo nella vasca da bagno: me l ha regalato un amico romano La vita e il tempo di Michael K di Coetzee: orrendo, mi spiace amico mio). Avevo la televisione aperta.

Su rai tre c’era una trasmissione carina.

La conduce Neri Marcorè insieme ad una specie di giudice (Dorfles) gran lettore. È una gara fra scuole.I ragazzi (le scuole) vincono solo libri e non pacchi di migliaia di euro aprendo scatole.

Mi sembra leggermente più morale.

Va be, questo non importa (o importa ?).

Se ho capito bene in ogni trasmissione c’è un ospite sempre più o meno letterario. Ieri era Davide Riondino grazie al quale ho scoperto che è esistito un poeta italiano che si chiamava Ernesto Ragazzoni, uno straordinario personaggio di fine ottocento primo novecento, rivoluzionario o forse ribelle solamente, certamente ironico, satirico, attaccabrighe.

Riondino ha recitato una lunga poesia, un inno al verme solitario.

Bellissima.

Ma Ragazzoni, ho scoperto oggi, ha scritto molto altro.

Critiche politiche e sociali sempre ironiche, sempre non banali, totalmente innovative, assolutamente prefuturiste se mi passate il termine.Un giorno, siamo all’inizio del novecento, è apparso su un giornale un attacco, anche se gentile, contro chi assiste i cani: sapete che a me i cani piacciono. A Ragazzoni non so se piacessero, ma difendeva sempre e comunque i deboli.

I cani erano attaccati ? Lui li difendeva.

Direte: ma che ce ne importa di come Ernesto Ragazzoni difendeva i cani ?

Be’ a me non importa che non ve ne importi e vi scrivo quindi il suo

Inno alla riscossa “ scritto ‘’ per i poveri cani proletari

 

O barboni, o veltri, o alani,

levrieri, bracchi ... eccetera,

come mai, poveri cani,

si perpetua e s'invetera

l'abitudine tra voi

di lasciar che vi si domini

e di avere in conto gli uomini

di padroni, o amici, o eroi ?

Come mai tale opinione

s'è potuta radicar ?

Forse in grazia del bastone,

forse in grazia del collar ?

 

Anche noi, cani, noi stessi,

tali e quali se voi fossimo

non restiamo sottomessi

e teniamo in conto il prossimo

che in omaggio del guinzaglio,

e facciam la voce querula

salvo, a volte, per isbaglio

sol per tema della ferula;

e anche noi, cani, parola!...

è spessissimo in virtù

della sola museruola

che non s'osa morder più.

 

Ma noi, cani, noi siam bestie

così dette ragionevoli,

e quest'utili molestie

accettammo consapevoli,

per paura che i più scaltri

non addentino i più ingenui,

e costor non meno strenui

si divorin gli uni e gli altri.

Ma voi, cani, anime buone,

perché starvene così

ligi ai cenni del padrone

che vi sfrutta, anche, ogni dì ?

 

Certamente, tra voi pure

c'è il felice, il ricco, il nobile

che non ha che sinecure,

che viaggia in automobile,

che la notte dorme al morbido,

ed il dì fa lunghe sieste

senza mai un sogno torbido

sovra il lembo di una veste,

che s'impinza di biscotti,

va in carrozza, ai bagni, ed è

ricevuto nei salotti,

tra le dame, come un re.

 

Non a questi io mi rivolgo,

ma a voi miseri, a voi poveri

cani paria, cani volgo:

guardie vigili ai ricoveri

del pastore ed ai suoi greggi,

servi ai giochi, ai cenni, ai sibili

delle genti più impossibili,

alle caccie ed ai passeggi,

e maestri all'uomo d'una

sconosciuta qualità,

che però non ha fortuna

pur tra voi: la fedeltà.

 

Ah! non più vita da cani,

o miei cani! ed io non dubito

che potreste da domani

esser liberi e anche subito,

se un po' meno compiacenti,

e un po' meno all'uomo accoliti

digrignaste meglio i denti

come spesso noi siam soliti.

Cani, è in simile maniera

che sappiam farci obbedir...

Su!... alla libera bandiera

splende il sol dell'avvenir!

 

Tratto da «La donna», Torino-Roma. 5 settembre 1905, n. 17, p. 19

Andrea